venerdì 25 giugno 2021

L'erba di San Giovanni

La medicina popolare del passato si basava molto sull’uso delle erbe, ma anche su particolari rituali anche “magici” legati a particolari ricorrenze, particolarmente con riguardo alla raccolta oppure alla preparazione. 

Uno di questi giorni particolari per la raccolta, il più conosciuto, era il 24 giugno, giorno in cui la cristianità festeggia la nascita di Giovanni il battista. Questo giorno è tradizionalmente legato a riti magici, di lontana origine pagana e, probabilmente, longobarda. Riti che prevedono la raccolta di erbe e frutti. Le erbe, secondo la tradizione, devono essere raccolte all’alba, quando sono ancora coperte di rugiada. Così si va a raccogliere i frutti acerbi di noce per fare il nocino, ma anche altre erbe, tra cui l’erba di San Giovanni.

Molte sono le erbe che portano questo nome o anche solo l’aggettivo del santo, fra esse la più conosciuta è certamente l’iperico (Hypericum perforatum), il suo nome deriva dal fatto che molte specie di questo ordine sono ricche di canali resiniferi o ghiandole oleifere.

La pianta contiene vari oli essenziali, di cui il più noto è un pigmento rosso conosciuto con il nome di ipericina. Il colore rosso dato dall’ipericina a tutti i prodotti medicamentosi da esso ottenuti assume anche una connotazione simbolica: il rosso è il colore del fuoco, della vita nel suo pieno vigore, del sangue (San Giovanni venne decapitato) e del martirio.

Per tradizione, la raccolta dell’iperico viene fatta all’alba del giorno di San Giovanni (24 giugno) quando, notoriamente, il sole bacia la luna, tanto che questo vegetale viene chiamato erba di San Giovanni o anche Erba del Diavolo. Si raccolgono le cime fiorite, che sono la parte della pianta più ricca di principi attivi. Queste cime possono essere trattate in vario modo: uso fresco per produzione di olio di iperico, uso fresco per produzione di linimento di iperico, uso secco per infusi e tisane.

Proprio l’olio di iperico (uogghiu i piricò) era spesso prodotto dai contadini iblei mettendo le cime fiorite a macerare coprendole con olio d’oliva all’interno di un vasetto in vetro tenuto esposto ai raggi del sole per tutto il periodo estivo, comunque non meno di 45-60 giorni. L’olio rossastro (oleolito) che ne veniva fuori era utilizzato per curare scottature e lesioni della pelle. 

Trovate informazioni e ricette sul libro « Erba di casa mia – Piante spontanee nella cucina contadina » di Giuseppe e Maria Mazzarella, edito da Morrone Editore.