Da piccoli ci si aspetta di vedere gli uccelli a frotte, come se fossero dei pesci negli acquari. Col tempo ci si accorge che solo gli storni (Sturnus vulgaris) volano in gruppi numerosi, mentre le altre specie gironzolano in numero esiguo.
La caratteristica che li rende invisibili è il fatto di rifugiarsi fra i rami degli alberi dove vengono nascosti dalle foglie; si riesce a vedere un nido solo in inverno quando l’albero è spoglio, ma in quel caso gli uccelli se ne sono andati. La copertura visiva dovuta agli alberi è risaputa fin dall’antichità ed è canonizzata in un vecchio proverbio dialettale: “i mura nun anu aricchi e sentunu e i macchi nun anu uocchi e virino” ovvero “i muri non hanno orecchie ed ascoltano e gli alberi non hanno occhi e vedono”.

Eppure alcune specie di uccelli, quelle più piccoline e non oggetto di caccia, come i passeriformi hanno imparato a convivere con l’uomo approfittando di tutto ciò che butta per riuscire a nutrirsi.
Il più conosciuto è il passero comune o passero d’Italia (Passer domesticus), chiamato in vernacolo “passareddu i casa” o “passareddu i tettu” a causa della nidificazione negli anfratti delle case rurali o dei loro tetti.
Un occhio attento noterà anche la presenza della ballerina bianca (Motacilla alba) che si distingue, oltre che per la colorazione del piumaggio, anche dalla camminata. Quando è a terra ha l’abitudine di correre dondolando il capo, mentre il passero solitamente saltella.
Un altro uccello antropizzato da secoli è la rondine, che ci viene a trovare ogni primavera. La rondine piccola o balestruccio (Delichon urbicum), delle dimensioni di un passero, si caratterizza per il petto bianco e crea il proprio nido negli angoli sotto i balconi. Quella invece tutta nera è il rondone (Apusapus) che nidifica sotto le tegole dei tetti da cui si lancia per spiccare il volo. Se dovesse cadere è spacciato poiché, a differenza della cugina minore, la sua ampia apertura alare gli impedisce di alzarsi da terra; in questo caso gli occorrerà l’aiuto di una persona che lo prenda e lo lanci in aria.

Capita non di rado così di osservare gazze (Pica pica), cornacchie grigie (Corpus corone cornix), piccioni (Colomba livia) e persino falconidi come il gheppio (Falco tinnunculus) e la poiana (Buteo buteo) appollaiati su un traliccio della luce o sui suoi fili, magari per scrutare il territorio sottostante. Passeri, storni e piccioni, ambientati nelle città utilizzano le inferriate dei balconi o le antenne televisive come poggiatoi, magari lasciando un ricordino alle auto in sosta sotto ed ai poveri malcapitati che si trovano per caso a passare.
L’evento curioso consiste però nel trovare persino dei nidi costruiti nella parte sommitale dei tralicci metallici, al suo interno. Vi è addirittura chi, seguendo l’esempio umano, ha costruito su più livelli fino ad ottenere un condominio di nidi.
Anche le diffidenti cicogne bianche (Cicoria ciconia), da qualche anno ritornate a nidificare nelle nostre terre, hanno pensato bene di seguire la nuova moda edilizia e di realizzare la propria alcova sopra le ormai consuete “piante artificiali”, come avvenuto in una campagna poco distante da Lentini.
La natura è in grado di adattarsi ai vari cambiamenti, anche quelli provocati dall’uomo quando non sono distruttivi.
[ Da “Gli uccelli e l’uomo”, pag. 4 del bimestrale « Grifone » n. 5 (101), Anno XVIII, del 31 dicembre 2009 ]